Unwort des Jahres: Remigration, la non parola del 2023

Anche quest’anno è arrivato il momento di analizzare la “non parola” dell’anno in Germania.

Vediamo però prima cosa è una “non parola”. Una “non parola” è un termine considerato particolarmente problematico, inappropriato o spiacevole. Spesso si tratta di neologismi o parole che hanno connotazioni negative a causa del loro utilizzo in determinati contesti. Un’altra caratteristica peculiare delle “non parole” è il loro abuso. La frequenza e la ripetitività di queste parole vanifica la parola stessa. Mi spiego meglio. Se continuo a usare una parola, il concetto che sta dietro a quella parola rischia di svanire. E’ il motivo per cui io, a casa, non posso più dire “farraginoso” e a mia moglie è vietato l’uso di “pazzesco”. Non da ultimo una “Unwort” viene spesso usata per violare determinate norme o valori sociali. In Germania, ogni anno una giuria sceglie la “non parola dell’anno” per attirare l’attenzione su sviluppi linguistici problematici ed emblematici della società dove viviamo. Ci aggiungo io che le parole vanno trattate con con cura perché altrimenti diventano gabbie banalizzanti o peggio ancora contenitori vuoti.

Quest’anno la “non parola” è Remigration. Il termine deriva dal verbo latino remigrare (tedesco ‘migrare indietro, ritornare’) e nel Movimento Identitario dei gruppi estremisti di estrema destra è diventato un eufemismo per la richiesta di espulsione forzata e persino di deportazioni di massa di persone con un passato migratorio.

La giuria, con questa scelta, ha voluto criticare l’uso della parola perché è stata usata nel 2023 come copertura delle reali intenzioni delle destre estreme. Il termine, che deriva dalla ricerca sulla migrazione e sull’esilio e comprende varie forme di ritorno, principalmente volontario (compreso il ritorno degli ebrei dall’esilio dopo il 1945), viene deliberatamente reinterpretato per mascherare le volontà di deportazione dei gruppi di estrema destra di tutti coloro che, pur essendo cittadini tedeschi, hanno una origine presumibilmente sbagliata o un diverso colore della pelle.

L’uso di questa parola non solo non è innocuo ma viola la libertà fondamentale e i diritti civili delle persone con un passato. migratorio.

La penetrazione e la diffusione di un’espressione apparentemente innocua ed eufemistica nel linguaggio comune sta portando a uno spostamento del discorso sulla politica migratoria verso una normalizzazione delle posizioni populiste ed estremiste di destra. E questo è il piano politico.

Sul piano umano è una banalizzazione, l’ennesimo riduzione di un concetto complesso. Ancora una volta qualcuno tenta di definire in modo maldestro il concetto di identità. Mi rendo conto che sia difficile rispondere alla domanda: “Chi sono io?” ma veramente è necessario continuare a bruciare ponti?

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