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Il combattente: Come si diventa Pertini – Giancarlo De Cataldo
Forse l’autore voleva parlare di quanto ha amato e ama Sandro Pertini e si è dimenticato di parlare di Sandro Pertini.
Forse perché l’autore è preoccupato per l’oggi e vede in Sandro Pertini una guida.
In ogni caso sarebbe bastato seguire Sandro Pertini nella Storia e raccontare quello che è successo.
Racconti umoristici e satirici – Heinrich Böll
Mentre leggo Heinrich Böll mi accorgo di essere contemporaneamente malinconico e felice.
Di questa raccolta sono rimasto folgorato da “La raccolta di silenzi del Dottor Murke” (Doktor Murkes gesammeltes Schweigen) per un motivo molto semplice.
Il Dottor Murke lavora in radio ed è talmente stanco di sentire parole a vanvera che raccoglie ritagli di silenzi.
Punto.
Qui sotto l’audio de “L’uomo che ride”, un altro racconto della raccolta. Un uomo che riesce a ridere solo per gli altri.
Unidici treni – Paolo Nori
In dieci giorni mi mangio questo libro e appena lo finisco mi viene da pensare al funk. Mi piace talmente tanto che leggo lentamente e non voglio finirlo.
Il funk è quel tipo di musica che ci sembra semplice ma che è difficile da eseguire.
Qui si parla di cambio di identità, di amore, di storia contemporanea con tanta intimità.
Mi struggo ma devo. Mi sento in dovere di citare le ultime frasi del libro:
“Poi si prendono tanti treni, si va dove ci chiamano, si legge ad alta voce con leggero accento emiliano. Si supera il riserbo istintivo, la timidezza, per il piacere che succeda qualcosa, tra le parole e la voce, tra le parole e la musica, che siano percussioni, clarinetti, il canto delle mondine.
Che succeda qualcosa con i lettori che ascoltano, che sentono le parole e l’emozione e la sincerità di chi si espone senza esibirsi mai.
Per dire che è stato bello, che c’era tanta gente, che si è stati bene.”
Starete bene quindi. Oltre a questo riderete molto, imparerete a usare meglio le parole e saprete che cambiare identità non è difficile.
E funk e poesia. Come se ci fosse un domani.
In Stahlgewittern – Nelle tempeste d’acciaio
Non è un romanzo a meno che non si ammetta che la guerra sia trama.
Leggo questo libro perché mi impressiona la citazione di André Gide. “il più bel libro di guerra che abbia letto; di buona fede, veracità, onestà perfette”. Mi incoraggia anche il giudizio di Sergio, ricercatore dell’ Istituto Veronese per la Resistenza, che parla tanto di storia con passione e mi dice che Jünger aiuta a capire la guerra. A questo punto mi sento obbligato a leggere il libro.
Tutto vero.
La guerra di Jünger è la guerra nel suo significato più epico, maestoso e distruttivo.
E’ una manifestazione di potenza quasi continua senza giustificazioni né spiegazioni. Si rimane affascinati a leggere come poche volte la paura l’abbia assalito e come avesse coscienza di vivere un momento mitico della storia. Eppure non vi è lirismo nel testo, nessuna grande visione dell’umanità. E’ un racconto di presenza, fatto di uomini, vite che la morte in guerra ci costringe a trasfigurare in senso leggendario.
A me personalmente è rimasta attaccata alla memoria una scena di una ricognizione notturna in un bosco dove tutti i soldati che sono dentro al bosco sembrano i fantasmi dell’inferno.
Rimango con la voglia di combattere. Non so chi sarà il mio nemico ma ho voglia di lottare.
A scrivere però mi è venuta nostalgia (Sehnsucht, quell’idiota di Google Translator mi dà bramosia ma la Sehnsucht è molto di più) di poesia e allora metto questo link: